Non c’è accordo su cosa, in psicoanalisi, si debba intendere quale spinta motivazionale che mette in moto un particolare comportamento, siano esse le pulsioni e i suoi derivati, i bisogni con gli uniti desideri o gli affetti e i sentimenti.
- Sandler nel 1959 introduce un concetto che possiamo ritenere ponga un’importante distinzione fra le idee prevalenti nello psicioanalisi fino a quel momento, le quali ritenevano il comportamento, qualsiasi comportamento, motivato dalle necessità dell’apparato psichico di appagare un bisogno pulsionale. Affrontando il significato della percezione, Sandler aveva sostenuto che tale atto è una vera e propria attività a cui presiede l’Io il cui scopo è quello di proteggerlo dal fatto di venire traumaticamente sopraffatto dai dati sensoriali non organizzati, a cui segue un sentimento di sicurezza che ha una precisa fisionomia affettiva nell’ambito delle attività dell’Io. Sandler postula quindi un principio di sicurezza secondo il quale per l’Io è fondamentale preservare un certo livello nei suoi sentimenti di sicurezza mediante lo sviluppo e il controllo dei propri processi di integrazione sensoriale, al fine di rendere abituali e riconoscibili i dati della realtà.
Il mantenimento di questo stato affettivo rappresenta un’importante spinta motivazionale allo sviluppo dell’Io; tanto nel bambino piccolo quanto nell’adulto la ricerca del benessere è altrettanto importante quanto il piacere, anche se i due affetti non sono per nulla identici e spesso si può osservare un conflitto fra di essi.
Dal punto di vista psicologico tali sentimenti di benessere si localizzano nella rappresen- tazione del Sé, quando nel mondo rappresentazionale del bambino le rappresentazioni del Se e dell’oggetto si trovano in una particolare relazione. Una delle forme che può assume- re la rappresentazione del Sé è quella che può fornire al bambino il massimo grado di benessere e che corrisponde alla forma desiderata del Sé in un dato momento, il Sé ideale, che sarà determinato dal bisogno del bambino di ottenere l’amore e l’approvazione dei propri oggetti o dei suoi introietti e di evitarne la disapprovazione.
Lo “stato ideale” non coinvolge esclusivamente la rappresentazione del Sé, ma deve essere intesa in senso più ampio in quanto contiene anche la rappresentazione dell’interazione desiderata tra il Sé e l’oggetto:
“La presenza di un oggetto ideale può far parte dello stato ideale tanto quanto il Sé idea – le.”
Diviene sempre più arduo ridurre tutte le motivazioni del comportamento all’azione delle pulsioni e ai loro derivati.
L’anno seguente gli stessi autori esaminando il concetto di dolore come espressione della discrepanza fra lo stato attuale e quello desiderato, descrivono lo stato ideale come la condizione capace di rifornire uno stato che è fondamentalmente affettivo collegato ai sentimenti di salute e di sicurezza, in contrapposizione ai sentimenti di dolore, angoscia e disagio. In questo senso Sandler e Joffe pongono la questione della differenza qualitativa fra i sistemi dell’Es e dell’Io. Mentre l’Es tende alla scarica delle tensioni pulsionali:
“… la dinamica del funzionamento dell’Io sembra invece molto più connessa al manteni-mento di situazioni affettive di benessere che non cambiano grandemente nel corso dello sviluppo (benché il contenuto ideativo associato allo stato ideale possa subire notevoli cambiamenti).”
A ciò contribuisce in maniera notevole la relazione con l’oggetto, anche quando l’oggetto non è al servizio del soddisfacimento pulsionale:
“E’ chiaro che se la presenza dell’oggetto è una condizione per lo stato di benessere del Sé, allora la perdita dell’oggetto significa perdita di un aspetto del Sé, di uno stato del Sé. Si potrebbe dire che a ciascuna rappresentazione di ogni oggetto d’amore corrisponde in modo complementare una parte della rappresentazione del Sé, e cioè quella parte che ri- flette la relazione con l’oggetto e che costituisce il legame tra il Sé e l’oggetto.”
Gli autori sono dell’avviso che le esigenze pulsionali e il loro appagamento esercitano si-curamente un’influenza sugli stati affettivi, ma che sia troppo semplicistico ritenere che lo sviluppo degli affetti corrisponda ad “un semplice riflesso delle vicissitudini delle pulsioni”. Essi ritengono che ogni attività adattiva è regolata dalla percezione, conscia e inconscia, da parte dell’Io delle variazioni negli stati affettivi.
Da queste considerazioni per Sandler deriva una diversa concezione della motivazione, potendo affermare che dal punto di vista del funzionamento dell’apparato psichico i più importanti motivatori sono i sentimenti consci e inconsci, associati alla congruenza o alla discrepanza rappresentazionale nella rappresentazione del Sé fonte di benessere o di dispiacere. Alla congruenza o alla discrepanza rappresentazionale si lega l’idea di una interazione desiderata, considerando le relazioni oggettuali come relazioni di ruolo in cui la risposta desiderata o immaginata da parte dell’oggetto “fa parte della fantasia di desiderio tanto quanto l’attività del soggetto in quel desiderio o fantasia”. Molti desideri nascono in risposta a forze motivazionali che non sono istintuali, tra questi l’ansia ed altri affetti spiacevoli, ed anche quegli stimoli che provenendo dal mondo esterno disturbano l’equilibrio interno e che come tali sono in grado di motivare bisogni e desideri psicologici:
“I desideri che vengono suscitati possono essere consci, ma più spesso non lo sono. Pos- sono avere una componente pulsionale, o essere evolutivamente collegati a spinte pulsio- nali, ma questo non è un ingrediente necessario, attuale, di un desiderio inconscio. Il desi- derio, per esempio, può essere semplicemente quello di eliminare in qualche modo qual- siasi cosa sia identificata (consciamente o inconsciamente) come sorgente di disagio, do- lore o dispiacere. Il desiderio può essere motivato (e spesso lo è) dal bisogno di ristabilire sentimenti di benessere e di sicurezza, o può essere connesso a un’intera gamma di bi- sogni che sono molto distanti da quelli che di solito classifichiamo come “istintuali”. I desideri vengono suscitati da cambiamenti nel mondo oggettuale tanto quanto da pressioni interne.”
Anna Freud descrive delle situazioni in cui a motivare l’attività difensiva è l’angoscia reale che proviene dal mondo esterno. Ella afferma che non è la sorgente dell’ansia ad essere importante, ma è l’ansia in sé stessa che provoca la difesa, introducendo il concetto di difesa contro gli affetti per distinguerla dalla difesa contro le pulsioni, “di cui non si trova riscontro nella relazione tra Io e pulsione”. Un affetto spiacevole di qualsiasi natura è in grado di mettere in moto l’attività di difesa dell’apparto mentale “e la tensione istintuale non è la sola fonte di affetti penosi o dolorosi”:
“Il bisogno di raggiungere sentimenti di sicurezza e benessere, a volte, deve essere più forte della spinta a sperimentare sentimenti associati al soddisfacimento istintuale, altri- menti gratificheremmo semplicemente i nostri desideri istintuali, non appena si presen- tano. Dopo tutto, il principio di realtà, è basato sulla necessità di differire la gratificazione istintuale, perché è pericolosa.”
Per Sandler è importante introdurre il concetto di “investimento di valore” in cui una particolare rappresentazione mentale acquista un significato di valore:
“Un oggetto, o una attività, può avere un investimento di valore sessuale, erotico, ma può anche avere un investimento di amore, che non è esattamente la stessa cosa. … Il fatto forse più significativo, in questo contesto, è che l’oggetto può avere un investimento di sicurezza o un investimento di benessere.”
Tale investimento di valore è una quantità variabile, suscettibile, quindi, di cambiare in ba- se al momento e in funzione non soltanto dei sentimenti piacevoli associati ad una parti- colare attività o scopo od oggetto, ma anche al fatto che tali attività non facciano sorgere sentimenti spiacevoli:
“Questi sentimenti spiacevoli sorgono da tensioni istintuali come pure da minacce e peri- coli di ogni genere. Tra di essi il più importante è l’ansia, indipendentemente dal fatto che la sua origine sia istintuale oppure no.”
Nel 1998 J. e A.M. Sandler affrontando la questione del ruolo degli affetti nella teoria psicoanalitica sostengono che concepire una relazione oggettuale unicamente in termini di investimento energetico di un oggetto sia semplicistico e riduttivo, in quanto considera solo la prospettiva del soggetto che viene osservato e senza tenere in conto ciò che fa la persona con la quale si viene a stabilire una complessa interazione. Nel rapporto fra due persone:
“Ciascun partner, in ogni momento, ha un ruolo per l’altro con il quale negozia per ottenere un particolare tipo di risposta. Una gamma completa di sentimenti, desideri, pensieri e aspettative è coinvolta nell’interazione che caratterizza la relazione in corso tra due persone.”
Anche quando la relazione si svolge in fantasia avviene un’interazione analoga fra le rap-presentazioni del Sé e dell’oggetto, con la sostanziale differenza che nella relazione rap- presentata in fantasia il desiderio risulta appagato molto meglio di quanto può avvenire nella vita reale. Da ciò risulta l’importanza che nella vita psichica ha la questione della gratificazione e del soddisfacimento dei desideri, tenuto conto che il concetto di soddisfa- cimento di desiderio è molto più ampio di quello che riguarda la scarica e la gratificazione di pulsioni istintuali. Chiamiamo relazioni oggettuali (nel senso particolare di relazioni di ruolo interne) quelle relazioni che sono collegate a bisogni importanti dell’individuo e che ne rappresentano il soddisfacimento. Si tratta ancora di ribadire che non si tratta di bisogni prevalentemente istintuali, ma anche di quei bisogni secondari che si sviluppano in seguito all’interazione con un oggetto, quando si è affermato uno stabile attaccamento dopo che è stata raggiunta la costanza oggettuale, quando l’investimento di valore sulla relazione con l’oggetto e l’affetto per l’oggetto rappresentano il soddisfacimento di bisogni particolari che si sono sviluppati in relazione a quell’oggetto. I desideri possono provenire da fonti interne di squilibrio affettivo, così come possono essere stimolati da fattori provenienti dal mondo esterno. In entrambi i casi gli stimoli esercitano la loro influenza motivazionale, creando un bisogno, attraverso il cambiamento dovuto allo squilibrio che avviene nello stato emotivo, conscio o inconscio, della persona. Mediante l’interazione con il proprio ambiente e con il proprio Sé, l’individuo ricerca anche la conferma ai propri bisogni di sicurezza e di benessere e, specie quando il rapporto con l’oggetto è ambivalente, il bambino sentirà la necessità di continue rassicurazioni da parte dell’oggetto, poi con il passare del tempo impara a ricercare queste rassicurazioni usando il dialogo inconscio con i suoi oggetti di fantasia (altrimenti detti introietti o oggetti interni).
“Se ci distacchiamo dal punto di vista secondo cui tutti i desideri inconsci sono motivati unicamente da impulsi istintuali, possiamo riconoscere che l’ansia o qualsiasi altro sentimento doloroso possono (esattamente come il bisogno di provare il piacere) dare vita a un desiderio , per esempio il desiderio di correre lontano per sfuggire ad una situazione di pericolo. Tuttavia tali desideri che possono essere risultati accettabili in un certo periodo della vita, possono nel corso dello sviluppo, diventare inaccettabili e permanere sotto la forma di impulsi di desiderio pressanti, ma inconsci, dai quali è necessario difendersi.”
In ogni desiderio si può individuare una rappresentazione del Sé, una rappresentazione dell’oggetto e una rappresentazione dell’interazione tra di loro. La considerazione di questo aspetto è molto importante per la comprensione del transfert e di quegli aspetti del controtransfert che costituiscono la rispondenza di ruolo. Affinché si possa sviluppare una relazione significativa è necessario che vi sia anche una propensione dell’altra persona a rispondere nel modo particolare della richiesta di ruolo implicita nell’interazione che si viene a creare. Una persona può respingere o ignorare il ruolo assegnatoli, può difendersene o accettarlo del tutto o in parte. Costantemente “esaminiamo” la rispondenza di ruolo dell’altra persona e la “testiamo” per vedere se è disponibile a rispondere in accordo con il ruolo a cui lo sollecitiamo:
“Il dialogo oggettuale segue un preciso copione. … la tendenza all’attualizzazione fa parte dell’aspetto di soddisfacimento di desiderio di tutte le relazioni oggettuali.”
Nei sogni otteniamo l’appagamento di un desiderio per mezzo di un’attualizzazione alluci- natoria, mentre alla coscienza viene mascherato il desiderio. Il contenuto del sogno viene comunque inconsciamente compreso dal sognatore al fine di adempiere al suo compito di soddisfacimento di desiderio. Non ci si può accontentare dell’idea che la semplice espres-sione di superficie, in forma mascherata, sia sufficiente a gratificare un desiderio inconscio:
“Questa teoria è una reliquia dell’idea che la gratificazione dei desideri inconsci si realizzi per mezzo di uno scarico centrifugo di energia. Se assumiamo il punto di vista che la gra- tificazione dei desideri inconsci si realizza ottenendo una “identità di percezione”, allora il sogno deve essere percepito e compreso inconsciamente dal sognatore (si stabilisce così anche una direzione centripeta del desiderio, che possiamo anche considerare come un feedback della rispondenza dell’oggetto al nostro desiderio N.d.C.).”
Non si può parlare di un desiderio che non abbia un contenuto ideativo e nel contesto del nostro lavoro il contenuto ideativo di una fantasia di desiderio è centrato sulla rappresen-tazione da parte del paziente di sé stesso che interagisce con l’analista:
“L’oggetto ha un ruolo altrettanto importante quanto il Sé, nella rappresentazione mentale che è parte del desiderio. Siamo costantemente spinti a reintegrare un sentimento di sicu- rezza, benessere e “conferma”, ad ottenere il nutrimento o alimento necessario per sentirci “bene” e mantenere un sentimento di base di sicurezza e integrità; e lo facciamo quasi automaticamente attraverso il dialogo con gli oggetti, nella realtà o nella fantasia. Se consideriamo le relazioni oggettuali come realizzazioni di desiderio in senso ampio, allora il soddisfacimento della relazione oggettuale desiderata si realizza quando viene trovato un oggetto (nella realtà, nella fantasia, o in entrambe) che agisce e reagisce in modo appropriato.”
Le relazioni oggettuali cominciano a svilupparsi nella mente del bambino facendone espe- rienza dopo la nascita attraverso l’accumularsi delle tracce mestiche e all’organizzazione delle strutture percettive, che mediano il suo rapporto con le figure che si prendono cura di lui, in relazione alla risposta che il bambino riceve sia agli stimoli provenienti dall’interno (specie quelli che sorgono da bisogni biologici e da impulsi istintuali) che agli stimoli pro- venienti dall’esterno. Gradualmente queste esperienze porteranno il neonato a sviluppare il suo mondo rappresentazionale, il quale è alla base della progressiva organizzazione delle esperienze soggettive e delle attività motorie del bambino. Nel corso del suo primo sviluppo, il bambino creerà rappresentazioni del proprio Sé e dei suoi oggetti, e successivamente svilupperà delle rappresentazioni simboliche da usare nel pensiero e nella fantasia. J. Sandler e W.G. Joffe sostengono che il principio fondamentale di guida e di regolazione dell’adattamento dal punto di vista psicologico si basa sui sentimenti, ed è sostanzialmente fuorviante ed erroneo considerare i sentimenti stessi come l’espressione diretta di un equilibrio energetico e in particolare di un equilibrio pulsionale:
“Il ruolo giocato dall’esperienza affettiva nello sviluppo delle relazioni oggettuali (vale a dire delle relazioni di ruolo strutturate) è centrale. Un’esperienza soggettiva ha, e conserva significato per il bambino, solo se è collegata ad un sentimento. Partiamo dal presupposto secondo cui qualsiasi cosa, per avere significato, deve essere evolutivamente e funzional-mente connessa a stati emotivi; e un’esperienza che non ha qualche relazione con un’e- mozione non ha alcun significato psicologico per l’individuo.”
All’inizio il bambino risponde solo a due grandi classi di esperienze soggettive, le esperien-ze che sono piacevoli, gratificanti, confortevoli e che sono collegate alla sicurezza, da un lato e quelle che sono spiacevoli e fonte di sconforto, dall’altro. Questa primaria distinzione è quella che il bambino riconosce per prima nella sua esperienza. Estendendo il concetto di “oggetto” i primi oggetti del bambino sono le esperienze di piacere e gratificazione, in contrapposizione a quelle di dispiacere e sofferenza. Tali esperienze hanno all’inizio una base biologica e non sono sotto il controllo volontario del neonato. Con lo sviluppo successivo verranno riconosciute altre categorie di affetti, come pure varie miscele di sentimenti diversi. Gli oggetti nella situazione primaria sono costellazioni di esperienze soggettive, al cui interno “Sé” e “non Sé” non sono ancora stati differenziati. Le esperienze soggettive, sensoriali e percettive, si legano a rappresentazioni sempre più complesse degli oggetti o parte di questi, sia nell’ambito esperienziale che in quello non esperienziale*, contribuendo a formare la rappresentazione che il neonato ha del proprio Sé. Si vengono quindi a formare le rappresentazioni degli “oggetti affettivi primari” e si definisce il confine fra la rappresentazione del proprio Sé e la rappresentazione dei propri oggetti, con i quali si instaura un dialogo sempre più complesso intimamente collegato a sentimenti di ogni genere:
“Le spinte motivazionali essenziali sia per lo sviluppo dell’Io che per il corrispondente svi-luppo delle relazioni oggettuali, derivano, secondo noi, dai cambiamenti nell’esperienza affettiva del soggetto, da cambiamenti nella relazione con i suoi oggetti affettivi primari. L’economia in gioco è quella delle esperienze affettive, sia piacevoli che spiacevoli. In altri termini: fin dalla primissima infanzia l’individuo cerca di mantenere rapporti stretti, gioiosi e beati, con lo stato affettivo di base “buono”, con la costellazione del piacere, del benes- sere e del senso di sicurezza; contemporaneamente cercherà di cancellare dalla propria esperienza l’altro importante “oggetto affettivo” primario, cioè il dispiacere e la sofferenza.”
* Parlando di esperienze soggettive è bene mantenere una distinzione tra “mondo esperienziale” e “mondo non esperienziale”.
“L’ambito dell’esperienza soggettiva riguarda l’esperienza del contenuto fenomenico di desideri, impulsi, ricordi, fantasie sensazioni, percezioni, sentimenti, e così via. Tutto ciò che “conosciamo”, lo conosciamo soltanto in virtù di tali rappresentazioni fenomeniche soggettive, che possono variare ampiamente per contenuto, qualità e intensità. Detto ciò si deve subito precisare che il contenuto di qualunque genere di esperienza può essere sia conscio che inconscio. Secondo questo punto di vista, l’individuo può “conoscere” i propri contenuti esperienziale al di fuori della coscienza, può avere esperienza di idee e provare sentimenti al di fuori della consapevolezza conscia, e inoltre non sa di “sapere” inconsciamente… L’ambito non esperienziale è del tutto diverso: è il regno delle forze e delle energie, dei meccanismi e degli apparati, delle strutture organizzate, sia biologiche che psicologiche, degli organi di senso e dei mezzi di scarica. L’ambito non esperienziale è essenzialmente non conoscibile e può essere appreso solo se si crea o si verifica un evento fenomenico nell’ambito dell’esperienza soggettiva.”
[Per fare un esempio quando noi guardiamo la televisione noi ne guardiamo le immagini sullo schermo (ambito esperienziale), ma di tutto ciò che produce tali immagini, ciò che sta dietro lo schermo, come i transistor, le valvole, ecc., non ne abbiamo consapevolezza, almeno nel momento in cui guardiamo la televisione (ambito non esperienziale). Se poi il nostro scopo è quello di esaminare come si producano le immagini che appaiono sullo schermo, quindi esaminiamo i circuiti mediante i quali si realizza il processo che porta a formare le immagini sullo schermo, allora sostituiamo ad una attività non esperienziale un’attività di cui ne facciamo esperienza, (che diventa essa stessa esperienziale). N.d.C.]
Quando si consolideranno i confini fra il proprio Sé e l’oggetto, il bambino cercherà di ri-pristinare il rapporto con i precoci stati affettivi piacevoli, per mezzo del dialogo che è riu-scito a sviluppare fra sé e la madre, mediante lo “scambio di segnali” o il “rifornimento percettivo” di cui parla la Mahler.
“Questo dialogo di rifornimento conduce ad un rapporto con la persona come oggetto, che può essere considerato essenzialmente come una relazione di ruolo strutturata, una inte – razione complementare tra Sé e oggetto. … E’ particolarmente significativo, tuttavia, che anche il proprio Sé, per il bambino, è un oggetto – un oggetto continuamente esplorato, con cui il bambino ha un continuo dialogo interno.”
Quando non è disponibile l’oggetto esterno il bambino può ricreare la relazione come dialogo nella vita di fantasia, conscia o inconscia, tenendo conto che le relazioni che abbiamo con questi “oggetti interni” appartenenti alle fantasie di desiderio sono esse stes- se relazioni di ruolo, che derivano da una sottostante relazione oggettuale, la cui fantasia inconscia che ne deriva, pur modificata dai processi difensivi, può venire attualizzata in una forma manifesta, anche se in una forma molto diversa dalla relazione oggettuale inconscia più profonda (di cui però l’individuo può esserne inconsciamente consapevole).
“La regolazione dei sentimenti, consci e inconsci, è posta al centro della scena clinica. L’interpretazione dello stato affettivo che è più vicino alla superficie diventa fondamentale nel nostro approccio clinico; nella comprensione di quello che presumibilmente sta accadendo al paziente, adottiamo il punto di vista secondo cui i suoi stati emotivi possono essere provocati da stimoli che non sono necessariamente di origine istintuale. Nel nostro modo di considerare la motivazione, il conflitto, le varie forme di psicopatologia e di sintomatologia, assume un’importanza cruciale la regolazione dei sentimenti attraverso il mantenimento, diretto o indiretto, di specifiche relazioni di ruolo.”